Il Parco Nazionale del Gargano è, sicuramente, una delle aree protette più a rischio d’Italia e con tante cose interessanti da vedere. Dal 1991, hanno di istituzione dell’area protetta, quasi ogni anno si è assistito alla decretazioni di nuove perimetrazioni sempre più restrittive, partendo da quella varata nel 1993, poi “rivista” nel 1994 e infine sancita nel 1995. E’ andata a finire che aree di inestimabile valore ambientale quali quelle di Pugnochiuso e Lesina non sono rientrate nell’area protetta. Oggi siamo così arrivati a “soli” 120.000 ettari circa, tanti se paragonati a quelli di altri parchi, pochi per un lavoro serio ed omogeneo su un’area a rischio come il Gargano.
Quando si parla di Gargano si pensa quasi immediatamente a villaggi di pescatori, falesie che precipitano verticali fino al mare, insenature e piccole cale sabbiose. E poi si scopre che sono proprio queste quelle che sono state tagliate fuori dall’area protetta. Per fortuna non è però stato tagliato il cuore antico del Gargano, la Foresta Umbra. Ma il bosco non è l’unico ambiente del parco. L’area protetta ne conta ben 12 e cioè: il bosco, la duna, la macchia mediterranea, i coltivi, i pascoli, le rupi, la steppa, le zone carsiche, i laghi, le paludi, le coste, le isole (le Tremiti sono infatti incluse nel parco). Possiamo dire che c’è sicuramente l’imbarazzo della scelta su cosa vedere al Parco Nazionale del Gargano durante una visita turistica e un percorso itinerante.
Infatti poche altre zone possono vantare una tale varietà di ambienti in un territorio tanto limitato. Non è un primato, ma sono davvero tante, le specie botaniche presenti: 2.000, che rappresentano il 35% di quelle italiane. Alcune, ovviamente, uniche. Tra queste val la pena di citare la Campanula Garganica, con i suoi cespi di fiori azzurri, per la facilità con cui può essere osservata. Basta infatti andare a primavera a visitare la Basilica di S. Michele a Monte Sant’Angelo per ammirarla, in piena fioritura, sui muri dell’edificio.
Anche la fauna ha il suo “eroe”: è il capriolo, che forse dovrebbe essere indicato come “capriolo garganico” essendo la specie autoctona e diversa rispetto a quella alpina. Purtroppo non sono state fate accurate ricerche (è certo che però sul Gargano vivono circa 120 esemplari) ma secondo molti studiosi questa specie rappresenterebbe ciò che resta del vero capriolo italiano.
Anche dal punto di vista geologico l’altipiano calcareo della zona occidentale del Gargano ha la sua primatista: la dolina Pozzatina. Questa, infatti, con il suo perimetro di quasi 2 km e la profondità di circa 100 metri si pone tra le maggiori cavita carsiche italiane di questo tipo (la si raggiunge velocemente partendo dal chilometro 13 della strada che collega S. Marco in Lamis a Sannicandro).
C’è da chiedersi, a questo punto, il perché di così tanti primati, rarità, ambienti. La spiegazione è semplice, basta guardare la posizione del promontorio e considerarlo come un ponte tra le coste italiane e quelle balcaniche, tra la natura del Mediterraneo e quella dell’Europa. In effetti il Gargano è proprio ciò che resta di questo ponte di terra che, in epoche passate, esisteva realmente e sul quale transitarono specie floristiche e faunistiche mescolandosi fra di loro. Il successivo “isolamento” del promontorio, chiuso come un’isola dal mare su tre lati e dal Tavoliere sul quarto, fece si che questo divenisse un’unità biogeografica del tutto autonoma. Quindi, se i primati vanno considerati come le “punte di diamante” del nuovo parco si deve però tener presente che qui è speciale anche ciò che è normale.